Articolo uscito sulla rivista cesenate di cultura e politica “La Parola” nel numero di giugno 2015.
Sembra ormai lontano quel pomeriggio del 23 Maggio 1992 in cui Giovanni Falcone, di ritorno da Roma, città nella quale dirigeva per conto del Ministero di Grazia e Giustizia la sezione “affari penali”, venne ucciso assieme a tre carabinieri della scorta e alla moglie, in quella che è oggi conosciuta come la strage di Capaci.
Noi, Giovani Democratici, abbiamo voluto commemorare questa giornata con un’iniziativa incentrata proprio sul tema delle mafie in Italia e in Emilia-Romagna.
Importante è stata la collaborazione delle associazioni locali, che si impegnano attivamente per contrastare queste organizzazioni nella nostra Regione. Perché ricordiamoci bene che la mafia non è un problema solo meridionale. Si sente dire spesso che la mafia del nord è una mafia discreta, in giacca e cravatta, che non uccide, non sequestra, insomma una mafia di cui è più facile ricordare gli eroi che l’hanno combattuta piuttosto che parlare di inchieste. Ma le ultime indagini, che hanno portato all’arresto di 117 persone, ci dimostrano, invece, come vi sia un importante radicamento mafioso anche in Emilia-Romagna.
Il settore principe di investimento della criminalità organizzata nel nostro territorio è il gioco d’azzardo, soprattutto attraverso slot machine e video lottery. Senza ovviamente tralasciare il settore turistico che per tutta la riviera romagnola è sinonimo di ricchezza ma, purtroppo, anche di infiltrazioni mafiose.
Ha partecipato all’iniziativa Franca Imbergamo, magistrato della procura nazionale antimafia, facendoci capire come ancora oggi non siamo riusciti a liberarci dal buco nero delle stragi degli anni ’80 e ’90, di cui non si conoscono ancora tutti i mandanti.
Soprattutto non si è ancora potuti risalire ai mandanti istituzionali, cioè coloro che all’interno delle istituzioni, con omissioni ma anche con azioni positive, hanno permesso questa scia di sangue. Questo è ancora oggi un paese che continua a navigare sui ricatti, perché quando i buchi neri non vengono chiariti e non si affrontano i nodi fondamentali del perché sia successo, è chiaro che alle spalle si crea un nuovo sistema di complicità e di ricatti che pesa sulla nostra democrazia. E che democrazia è se non riesce ad affrontare la realtà? La ricerca di verità e giustizia è un’esigenza primaria per chi voglia affrontare un vero rinnovamento di questo paese, altrimenti continueremo a vivere con questo gioco feudale.
Quello che corriamo oggi nella società civile è un’overdose di parole senza la capacità di un ragionamento concreto sia da parte della magistratura che delle istituzioni. Ma c’è qualcosa che si può ancora fare in questo paese, chiedersi se sia arrivato il momento di riflettere su questa delega in bianco data alla magistratura, che ha sulle spalle una grande responsabilità, e iniziare a riflettere sulla possibilità di creare una commissione di inchiesta sulle stragi degli anni ‘90 perché ci sono livelli di responsabilità politica a cui la magistratura non potrà mai attingere, perché non può processare lo Stato, ma dovrebbe essere lo Stato che guarda dentro a se stesso.