I giovani in Emilia-Romagna nei prossimi trent’anni: cultura e turismo come risposta alla crisi

Biblioteca MalatestianaIn merito al precedente articolo sul futuro della Regione Emilia-Romagna e su come c’è la immaginiamo per i prossimi trent’anni, proponiamo ora delle riflessioni sul futuro della cultura e turismo per i giovani nella nostra regione.

•Nei prossimi anni e decenni le prospettive di sviluppo culturale e turistico della nostra regione vanno pensate all’interno di una progettazione e valorizzazione territoriale più ampia. Bisogna realizzare una Piattaforma Turistico/Culturale Emiliano-Romagnola che colleghi e metta a sistema le varie realtà ed eccellenze regionali, dall’arte all’enogastronomia. Infine è bene ricordare che la nostra Regione si connota più di altre per la presenza di un capitale sociale e di un insieme di forze cooperative che hanno permesso in passato, e permetteranno sempre di più in futuro, la tenuta del tessuto civile di cittadinanza.

•Se Ravenna dovesse essere designata Capitale Europea della Cultura per il 2019 (la proclamazione avverrà a breve: il 17 ottobre 2014), la città bizantina e con essa l’Emilia-Romagna si potrebbero trasformare in un luogo d’incontro e di dialogo tra culture diverse; la candidatura e l’eventuale vittoria hanno l’ambizioso obiettivo di portare “il sistema Romagna ed Emilia” ad emergere a livello nazionale ed europeo come macrolaboratorio di sperimentazione, capace di produrre cultura in maniera partecipata e sinergica. Un’opportunità ed un’importante vetrina che permetterebbe di attrarre l’interesse di cittadini, associazioni ed aziende da tutta Europa con significative ricadute positive oltre che in ambito culturale anche in quello lavorativo ed occupazionale.

•Le istituzioni culturali come biblioteche, musei e teatri devono rafforzare le relazioni con altre istituzioni come scuole ed università, insieme ai quali allestire un’offerta integrata di servizi volti ad una più alta partecipazione alla vita culturale specialmente nei confronti dei più giovani per stimolarli culturalmente, perché sostenere l’energia creativa dei giovani e la loro capacità di innovazione significa aiutarli a sviluppare le proprie potenzialità e a trovare un’occupazione futura.

•Le associazioni culturali presenti nelle città della nostra regione vanno maggiormente valorizzate in modo da poter prestare maggiormente supporto ai giovani artisti concedendo loro spazi per la realizzazione e fruizione di opere ed artigianato artistico, con la finalità di rendere più fruibili i luoghi dell’incontro e dell’espressione artistica, magari valorizzando e ristrutturando edifici abbandonati.

•Concedere ai giovani poderi o fattorie abbandonate in modo da sviluppare una rete di agriturismi od aziende agricole volte a promuovere il “buon vivere” e la ricca cultura agreste ed enogastronomica emiliano-romagnola.

•Rendere maggiormente fruibili le biblioteche come luogo di studio, socializzazione e crescita delle nuove generazioni. 
Occorrono accoglienza ed orari flessibili che incontrino le necessità di chi cerca un luogo aperto per consultare un libro, studiare per un esame o semplicemente leggere un giornale.

•Avvicinare le persone, specialmente i più giovani, all’arte, in particolare quella contemporanea, re-inventando il concetto dei musei e spazi per esposizioni d’arte contemporanea, magari aprendoli anche ad iniziative legate alla movida locale ed eventi ludici.

•Creare delle “StartArt”, su modello delle più famose StartUp, come incubatori di creatività, luoghi d’incontro ove giovani artisti e designer possano confrontarsi e collaborare. Le “StartArt” potrebbero essere anche luoghi di scouting ove aziende abbiamo bisogno di ricercare figure professionali in vari ambiti come in car design, fashion design, furniture design, exhibition design, color design, web design, eccetera.

Conclusioni:
Insieme, giovani e non, possiamo rinnovare le nostre città e la nostra regione, partendo dalla cultura, come risposta all’attuale crisi che oltre ad essere economica è anche morale e sociale. L’Emilia-Romagna ha bisogno di sperimentare un nuovo modello di sviluppo, che guardi all’Europa, capace di rigenerare il territorio e rafforzare il capitale sociale, così facendo si creeranno straordinarie opportunità per avviare un processo di riflessione e “reinvenzione” di sé stessi. L’idea è quella di “contaminare” i paesaggi attuali con i linguaggi della cultura e dell’arte per avviare un processo di riscrittura delle città e dei suoi luoghi. La sfida sarà usare la cultura per attivare nuove energie e guidare il processo di cambiamento delle città, anche attraverso un programma di pianificazione culturale, urbanistica, di lavori pubblici e mobilità che dovrebbero sfociare in un unico Piano per le politiche ed attività Culturali Regionale. Una città ed una regione culturalmente vivace ed attiva aiuta a sviluppare le capacità dei propri giovani ed è inoltre maggiormente attrattiva da un punto di vista turistico. Ricordiamo che in Italia oltre il 63% degli impiegati nel settore turistico ha meno di 40 anni ed il 30% meno di 30. La vocazione turistica e ricettiva del nostro Paese e dell’Emilia-Romagna rappresenta un tassello perfetto per poter coniugare il mondo culturale ed il mondo delle imprese.

I giovani nell’Emilia-Romagna dei prossimi trent’anni

Un aiuto ci giunge dall'Europa ma è ancora poco

Un aiuto ci giunge dall’Europa ma è ancora poco

Tralasciando le recenti vicende riguardanti le primarie di coalizione per le regionali, i Giovani Democratici emiliano romagnoli vogliono dare un contributo concreto alla discussione programmatica che (finalmente) si sta sviluppando in regione.

Quale Emilia-Romagna vogliamo nei prossimi trent’anni? E’ davvero possibile una regione a misura di giovane? sembra quasi grottesco parlare di una riscossa dei giovani in un momento di assoluta crisi economica e valoriale per tutte le giovani generazioni. Invece proprio da questa depressione totale delle politiche giovanili dobbiamo trarre un’importante lezione: senza giovani preparati ed intraprendenti la nostra società è destinata alla fine.
E’ necessario, innanzitutto, prendere esempio da buone pratiche in campo di politiche per i giovani che ci giungono da altra regioni ed altri paesi.
In secondo luogo, è giunto il tempo di cambiare definitivamente la credenza assai diffusa secondo cui i denari spesi per i giovani in svariati ambiti siano denari sprecati e senza alcun ritorno. Quelle che in un orizzonte di breve termine sono spese come tante altre che uno Stato ha, nel giro di pochi anni diventano investimenti. Il loro ritorno è, inoltre , estremamente concreto: giovani che fondano aziende di successo mondiale grazie ad una formazione di alto livello, giovani dotati di un “know how” in grado di attirare investimenti privati. Di conseguenza il ritorno è anche spirituale e astratto ma assai importante.

Ma come fare tutto questo?

Di seguito alcune idee che potranno dare un contributo alla discussione programmatica in seno alla giovanile regionale.

  • Esperienza lavorativa in una realtà estera (in particolare aziende) in modo da apprendere un “know-how” da riportare poi in regione ed una lingua straniera. Sarebbero coinvolte le realtà imprenditoriali e pubbliche del territorio che trarrebbero vantaggio dall’assumere giovani che, grazie alle  competenze acquisite, le permetterebbero di ampliarsi in ambito internazionale (l’unico orizzonte possibile per quasi tutte le imprese della regione). Il soggiorno estero sarebbe anche supportato da una borsa di studio. Questo progetto, in fase di sperimentazione da parte della Regione Lazio (“Torno subito”), sarebbe da integrare alla Garanzia Giovani che nella nostra regione favorisce l’entrata nel mondo del lavoro e/o la specializzazione di giovani tra i 15 ed i 29 anni. Il difetto della Garanzia Giovani sta proprio nella scarsa importanza data all’internazionalizzazione dei giovani stessi. La nostra regione è sempre più proiettata verso il mondo perciò è assolutamente necessario che i giovani non si trovino in imbarazzo di fronte ad un orizzonte che è diventato globale.
  • Sostegno economico per studenti (22-29 anni), con ISEE basso, che decidono di frequentare scuole internazionali ad alta specializzazione ma con costi molto alti e che decidono di tornare poi in Regione per rimettere in gioco le alte competenze acquisite. Questo sostegno si rende necessario in quanto in Italia non siamo dotati di scuole di alta gamma per il post-laurea. Parallelamente è necessario un serio investimento nella costituzione di corsi estremamente specifici e qualificati per la creazione di un profilo professionale di alto livello nel post-laurea.
  • Sulla scia del progetto di formazione professionale nato dalla collaborazione tra Ducati, Lamborghini e gli istituti “Aldini Valeriani” e “Belluzzi-Fioravanti”, potenziamento del rapporto tra scuola/università e lavoro ove possibile. Anche in tal caso è necessario uno stretto rapporto tra enti pubblici ed imprese. Quest’ultime non sarebbero certo da favorire tramite estemporanei quanto inutili sgravi fiscali sull’assunzione di giovani ma esse stesse trarrebbero vantaggio dall’entrata in azienda di profili estremamente qualificati e già con esperienze lavorative.
  • Favorire gli interscambi con scuole di tutto il mondo da parte delle scuole (in particolare superiori) emiliano-romagnole. Quindi soggiorni di almeno due mesi all’estero (durante un periodo di frequenza scolastica nel paese ospitante) per imparare la lingua e allargare l’orizzonte futuro dei giovani. Ugualmente altri giovani verrebbero ospitati per un soggiorno studio in Emilia-Romagna. La regione dovrebbe quindi facilitare l’apertura e la continuazione di relazioni con istituti esteri. Questo progetto è presente in diverse scuole emiliano-romagnole ma senza alcuna rete di connessione regionale che ne permetta l’allargarsi e il rafforzarsi.
  • Sostegno del diritto allo studio, in particolare delle fasce più deboli della popolazione giovanile. Allargamento degli studentati con affitto calmierato per gli universitari il cui ISEE è sotto una certa soglia. Inoltre maggiori borse di studio specifiche per studenti meritevoli in precarie condizioni economiche. Continuazione dell’ottimo servizio di aiuto nel pagamento delle spese per l’acquisto dei libri di testo a favore degli studenti con ISEE basso delle scuole medie e superiori.
  • Aperture delle biblioteche, delle aule studio e, se necessario, anche degli istituti scolastici, in fasce orarie ampie (anche fino a mezzanotte).
  • Misure che incentivino l’inclusione scolastica. Corsi di approfondimento e recupero durante tutto l’anno scolastico.
  • Promozione di incontri nelle scuole su alimentazione e droghe.
  • Mense convenzionate per studenti (servizio già ottimo in tutta la Regione).
  • Sconti nel prezzo degli abbonamenti per studenti pendolari con un reddito ISEE basso. Obbligo della costituzione da parte delle aziende del trasporto pubblico locale dei “comitati consultivi degli utenti” (come previsto nella legge regionale 30/98 art. 17) che favorirebbero senza dubbio un maggior servizio negli orari di punta di entrata e uscita a/da scuola.
  • Prezzo dell’abbonamento al bus o alla corriera in base all’ ISEE e al numero di figli.
  • Servizio civile riservato al 50% ai “NEET” fra i 16 e i 29 anni.
  • Incubatrice unica regionale di start-up su cui si devono concentrare gli investimenti finora dispersi in decine di piccoli progetti . Il policentrismo in questo caso risulta sbagliato in quanto le aziende ad alto livello di innovazione tendono a svilupparsi unicamente in veri e propri distretti che le permettano di mettersi in rete tra loro e che consentono agli enti locali di fornire maggiori servizi (banda larga ed altre infrastrutture). Evidentemente questa unica grande incubatrice necessita di un’università vicino. Il rapporto tra start-up e università è strettissimo, le une si nutrono del lavoro dell’altra e viceversa. Trovandosi a Bologna una delle maggiori università d’Europa ed anche un ottimo (forse il migliore al mondo) distretto ad alta innovazione nel packaging, la destinazione delle nuove start-up deve essere unica, la provincia di Bologna.
  • “No tax area” e credito agevolato per le imprese di giovani tra i 19 e i 40 anni.
  • Una sempre maggiore copertura degli asili, in particolare a favore di famiglie a ISEE basso. Nonostante siamo la prima Regione per il servizio degli asili nido, c’è ancora del lavoro da fare. Agevolazioni fiscali per le aziende medio-grandi che decidono di costruire asili aziendali.
  • “Social housing”, ovvero: una locazione di 10/15 anni ad affitto calmierato (massimo 20/30% del reddito familiare) al termine della quale gli abitanti possono decidere se riscattare l’abitazione, anche tramite un mutuo, o lasciarla. La bassa redditività per i costruttori è compensata dalla mano della CDP. Un modello vincente, in primis per le giovani coppie. Ma anche per gli enti pubblici, per il territorio e per imprese edili.

 

 

VI Festa Nazionale dei Giovani Democratici – Ritorno al Futuro

VI Festa Nazionale GDCambiare il futuro: come insegna Zemeckis, per farlo serve essere attrezzati. A Bologna, dal 5 al 7 settembre, si svolgerà la VI Festa nazionale dei Giovani Democratici, nel cuore della Festa nazionale del PD. “Ritorno al futuro” è il titolo che abbiamo scelto per la tre giorni. Non per un richiamo alla “gloriosa” decade dai capelli cotonati – e pure dell’ultimo Berlinguer -, ma per il messaggio senza tempo contenuto nelle avventure di Marty McFly.

Per cambiare il futuro serve la curiosità: quella propria degli inventori, dei ricercatori, degli esploratori. La conoscenza tecnica: il “saper fare” che si concretizza nelle grandi innovazioni, ma anche un cuore capace di farci guardare oltre gli orizzonti del nostro tempo.

Per cambiare il futuro serve il passato: è necessario avere memoria, coscienza delle tradizioni, occorre sentirsi parte di un destino comune e più grande. Al futuro non ci si arriva e basta, per inerzia, ma ci si può “tornare” se si ha la volontà di costruire un avvenire più ricco e più interessante, che coniughi le grandi conquiste alle grandi scoperte.
Per cambiare il futuro servono strumenti adatti: per mutare un mondo in continuo cambiamento, bisogna saper mutar se stessi. Essere soggetti di cambiamento é il primo passo per non lasciarsi trascinare dagli eventi ma deciderne il corso.
Per cambiare il futuro serve, nel presente, essere un po’ incoscienti: servono i sogni, le buone imprudenze che commette chi non sa e non vuole abbassare l’ asticella delle proprie aspettative.

Siamo convinti che per la nostra organizzazione sia arrivato il momento, oggi, di scegliere il modo in cui vuole, domani, “tornare al futuro”: un futuro reso diverso dalle nostre scelte presenti. Dalle risorse e dalle capacità che essa coinvolge e promuove, e dal coraggio di gettare tutti insieme il cuore oltre l’ ostacolo, proprio quello che da soli ci sembrerebbe insormontabile.

Di questo ragioneremo, nelle diverse Assemblee.
Perchè siamo consci che l’azione politica del PD – al Governo e nel Paese – é al centro non solo del nostro presente quotidiano, ma del futuro. Ne va del futuro, di quello pubblico fatto di giustizia sociale, e di quello privato nel quale ciascuno merita di essere felicela felicità delle persone.
Uscire definitivamente fuori dalle logiche di emergenza e austerità che negli ultimi anni hanno rischiato di soffocare l’Italia intera, che hanno rallentato l’uscita dalla crisi, che hanno indebolito la credibilità della nostra parte politica, vuol dire immaginare un futuro che appartenga innanzitutto ai mondi che di più dovremmo rappresentare: i giovani, le donne, i bisognosi, ma anche il talento, la creatività, la solidarietà tra le persone.

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Io sto con l’Unità

io-sto-con-lUnità-300x150Riproponiamo un’interessante lettera indirizzata al giornalista de la Repubblica Michele Serra scritta da un giovane “democratico” che ha voluto distinguersi da quella parte “indifferente” della nostra generazione.

Da: “La Striscia Rossa”
Scritto da: Roberto Coppola, 3 agosto 2014
Titolo originale: “Risposta aperta a Michele Serra”

Carissimo Michele Serra, ti scrivo dicendoti prima di tutto che seguo religiosamente la tua rubrica, e che per me è fonte di ispirazione e analisi quotidiana.

Come ogni giorno oggi ho letto L’Amaca e ho letto le tue riflessioni sulla chiusura di un giornale storico: L’Unità. Devo confessarti che aspettavo un tuo commento al riguardo.

Vedi, io ho questo mese compio diciannove anni, la prima volta che comprai il giornale ne avevo sedici, comprai proprio L’Unità, da quel momento è cominciata la mia formazione politica, così ho cominciato a scoprire il mondo. Oggi scrivi: “La politica, i partiti, i giornali: è la trinità che ha illuminato la giovinezza di chi oggi viaggia dai cinquanta in su. Trovatemi qualcuno, al di sotto dei trentacinque anni, che consideri un partito o un giornale parte decisiva della propria identità. Figurarsi un giornale di partito.” Ecco, su questo punto vorrei risponderti, io ho meno di trentacinque anni, sono della generazione del 95, quella cresciuta guardando i cartoni animati su Italia Uno e nel pieno della “rivoluzione tecnologica”. Faccio parte di quella generazione che è nata dopo la caduta del Muro Di Berlino e che non ha potuto conoscere la “potenza” e la “forza aggregativa” di quei partiti di massa che fanno parte ormai del passato, non ho conosciuto Berlinguer se non sui libri di storia, non ho conosciuto le manifestazioni di piazza sotto una bandiera e non ho assistito alla creazione di quella “gioiosa macchina da guerra” che poi come naturale evoluzione è diventata il PD. Sostieni che sotto i trentacinque anni nessuno considera un partito o un giornale “parte decisiva della propria identità”, ti sbagli: io al congresso del Partito Democratico di novembre ho fatto la mia prima tessera e sono entrato nei Giovani Democratici, convinto che il mio essere progressista, il mio portare con orgoglio L’Unità nella tasca laterale del jeans fosse parte integrante della mia identità. Che mi distinguesse da quella parte “indifferente” della mia generazione che pensa solo alla discoteca e a divertirsi. Il Mio Partito e il Mio Giornale per me sono parte integrante della mia identità di individuo, il mio far parte di una comunità è una cosa che mi da la forza per battermi per un mondo migliore, come tu stesso hai scritto nella tua rubrica “il sentirsi parte di una comunità era più importante”, ed è più importante, perché in un mondo che accorcia le distanze, e forse contemporaneamente le aumenta sentirsi parte di un qualcosa per me è fondamentale. Credo che questo sia un modo d’essere che non riguarda solo me, grazie ai Giovani Democratici ho conosciuto tanti compagni e compagne che – come me – danno il loro tempo, le loro energie e il loro entusiasmo per il Partito e per un’ideale comune. Proprio la settimana scorsa ero con loro alla Festa de’ L’Unità di Napoli organizzata interamente dai GD e alla quale ha partecipato anche Bersani. E tutti noi per cinque giorni siamo stati li, sotto il sole, a montare i banchetti, i gazebo, il palco e gli impianti mentre tanti nostri coetanei erano al mare, “indifferenti”. Quella parola: “indifferenti”, quelli che Gramsci odiava e che io non comprendo.

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Intervista a Zygmunt Bauman: “Gaza è diventata un ghetto”

Zygmunt BaumanL’amarezza dell’intellettuale polacco di origini ebraiche. Sfuggito all’Olocausto, non risparmia critiche ad Hamas e a Netanyahu: “Pensano alla vendetta, non alla coabitazione. Purtroppo sta accadendo ciò che era ampiamente previsto. La Shoah è la prova di quel che gli uomini sono capaci di fare ad altri esseri umani in nome dei loro interessi. Una lezione mai seriamente presa in considerazione” di ANTONELLO GUERRERA
Zygmunt Bauman:”Ciò A cui stiamo assistendo oggi è uno spettacolo triste: i discendenti delle vittime dei ghetti nazisti cercano di trasformare la striscia di Gaza in un altro ghetto”. A dirlo non è un palestinese furioso, ma Zygmunt Bauman, uno dei massimi intellettuali contemporanei, di famiglia ebraica e sfuggito all’Olocausto ordito da Hitler grazie a una tempestiva fuga in Urss nel 1939.

Bauman ha 88 anni, suo padre era un granitico sionista e negli anni ha sviscerato come pochi l’aberrazione e le conseguenze della Shoah. Sinora il grande studioso polacco non si era voluto esprimere pubblicamente sulla recrudescenza dell’abissale conflitto israelo-palestinese. Ora però, dopo aver accennato alla questione qualche giorno fa al Futura Festival di Civitanova Marche in un incontro organizzato da Massimo Arcangeli, Bauman confessa la sua amarezza in quest’intervista a Repubblica.

Professor Bauman, lei è uno dei più grandi intellettuali contemporanei ed è di origini ebraiche. Qual è stata la sua reazione all’offensiva israeliana a Gaza, che sinora ha provocato quasi 2mila morti, molti dei quali civili?
“Che non rappresenta niente di nuovo. Sta succedendo ciò che era stato ampiamente previsto. Per molti anni israeliani e palestinesi hanno vissuto su un campo minato, in procinto di esplodere, anche se non sappiamo mai quando. Nel caso del conflitto israelo-palestinese è stata la pratica dell’apartheid – nei termini di separazione territoriale esacerbata dal rifiuto al dialogo, sostituito dalle armi – che ha sedimentato e attizzato questa situazione esplosiva. Come ha scritto lo studioso Göran Rosenberg sul quotidiano svedese Expressen l’8 luglio, prima dell’invasione di Gaza, Israele pratica l’apartheid ricorrendo a “due sistemi giudiziari palesemente differenti: uno per i coloni israeliani illegali e un altro per i palestinesi ‘fuorilegge’. Del resto, quando l’esercito israeliano ha creduto di aver identificato alcuni sospetti palestinesi (nella caccia ai responsabili dell’omicidio dei tre adolescenti israeliani rapiti in Cisgiordania il giugno scorso, ndr), ha messo a ferro e fuoco le case dei loro genitori. Invece, quando i sospettati erano ebrei (per il susseguente caso del ragazzino palestinese arso vivo, ndr) non è successo nulla di tutto questo. Questa è apartheid: una giustizia che cambia in base alle persone. Per non parlare dei territori e delle strade riservate solo a pochi”. E io aggiungo: i governanti israeliani insistono, giustamente, sul diritto del proprio paese di vivere in sicurezza. Ma il loro tragico errore risiede nel fatto che concedono quel diritto solo a una parte della popolazione del territorio che controllano, negandolo agli altri”.

Come anche lei sottolinea, tuttavia, Israele deve difendere la sua esistenza minacciata da Hamas. C’è chi, come gli Usa, dice che la reazione dello Stato ebraico su Gaza è dura ma necessaria. Chi la giudica eccessiva e “sproporzionata”. Lei che ne pensa?
“E come sarebbe una reazione violenta “proporzionata”? La violenza frena la violenza come la benzina sul fuoco. Chi commette violenza, da entrambe le parti, condivide l’impegno di non spegnere l’incendio. Eppure, la saggezza popolare (quando non è accecata dalle passioni) ci ricorda: “Chi semina vento raccoglie tempesta”. Questa è la logica della vendetta, non della coabitazione. Delle armi, non del dialogo. In maniera più o meno esplicita, a entrambe le parti del conflitto fa comodo la violenza dell’avversario per rinvigorire le proprie posizioni. E il risultato è: sia Hamas sia il governo israeliano, avendo concordato che la violenza è il solo rimedio alla violenza, sostengono che il dialogo sia inutile. Ironicamente, ma anche drammaticamente, potrebbero avere entrambi ragione”.

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Comune di Cesena: fermiamo la guerra a Gaza

stay human
[Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Comunale di Cesena il 31/07/14]

Fermiamo la guerra a Gaza
Costruiamo la pace in Medio Oriente

Ordine del Giorno per la pace in Medio Oriente

Il Consiglio Comunale di CESENA

Di fronte ai diversi conflitti, guerre fra nazioni confinanti, fra etnie e gruppi opposti, come in Ucraina, Siria, Afghanistan o alla presenza di massacri e vere proprie pulizie di minoranze etnico-religiose, come i massacri di cattolici in Nigeria.

In considerazione della nuova escalation di violenza nella striscia di Gaza e in Israele che sta causando centinaia di morti e migliaia di feriti in particolar modo fra la popolazione civile palestinese.

Estremamente preoccupato per le drammatiche conseguenze di questa nuova guerra; per il protrarsi da decenni di un conflitto che ha prodotto tante ferite difficili da rimarginare, e che ha sollevato un muro, non solo metaforico, fra due popoli; per i violenti conflitti in corso in tutto il Medio Oriente e nel Mediterraneo.

Ricordando che la striscia di Gaza è divenuta una sorta di prigione a cielo aperto dove sopravvivono in condizioni disumane oltre un milione e settecentomila persone in gran parte bambini e donne, stipate in un lembo di terra che ha una delle più alte densità abitative del mondo.

Sottolineando che la pace e la sicurezza sono un diritto fondamentale, sia per Israele che per la popolazione Palestinese, che deve essere assolutamente riconosciuto e attuato a tutti i livelli; ma che non si può far passare per tutela della sicurezza dei veri e propri bombardamenti a tappeto su interi quartieri, scuole e ospedali della Striscia di Gaza.

Facendo tesoro dell’invito di Papa Francesco a trovare “il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace, dato che il Consiglio Comunale stesso, i Comuni, le Province e le Regioni possono contribuire ad alleviare le sofferenze delle vittime innocenti del conflitto, a difendere i diritti umani, a promuovere il riconoscimento, il dialogo e la comprensione reciproca, a ricostruire la fiducia e la speranza nella pace, a sostenere i palestinesi e gli israeliani moderati che stanno lavorando per la pace e la riconciliazione tra i due popoli, a sollecitare l’impegno politico dell’Unione Europea e dei suoi membri.

Ricordando le numerose iniziative di solidarietà, cooperazione e diplomazia delle città realizzate sull’esempio di Giorgio La Pira, dal Coordinamento nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, a livello nazionale, in Medio Oriente e in Europa;
sottolineando il ruolo importante svolta a Cesena dal Centro Per La Pace Ernesto Balducci, molto attivo in città con numerosi eventi di grande coinvolgimento e spessore; come la fiaccolata organizzata a Cesena che ha coinvolto 14 associazioni/organizzazioni.

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Andrea Baldini nuovo segretario nazionale dei Giovani Democratici

A BaldiniUn grande in bocca al lupo al nuovo segretario nazionale dei Giovani Democratici Andrea Baldini che subentra a Fausto Raciti.

Conosciamo Andrea da molto tempo, e abbiamo avuto il piacere di ospitarlo nell’iniziativa regionale di Rise Up che si tenne a Cesena nell’ Ottobre del 2012.

Giovane appassionato, rigoroso e competente, siamo sicuri che farà il bene della nostra organizzazione, e saprà tutelarla in questo periodo in cui le strutture collettive sono considerate impicci al dialogo diretto fra il leader e il popolo.

Un grande grazie a Fausto Raciti, per aver retto la giovanile in questi anni, e per aver sempre creduto nella necessità, per il PD e per l’Italia, di un soggetto politico capace di aprire il PD ai giovani e fare elaborazione autonoma e originale.

Festa della Birra Belga 2014

Festa della Birra Belga 2014

Festa della Birra Belga 2014

Dopo il successo delle precedenti edizioni, SABATO 19 LUGLIO 2014 torna la Festa della Birra Belga presso la Festa Democratica di Cesena.

Quest’anno avremo con noi:
Afreak , RAINAKBA , Homini , A Reckless Jump

Buona musica,
buona birra dal belgio 3X2 tutta la sera,
buon mangiare,
buone gauffre,
tutto a prezzi popolari.

INGRESSO GRATUITO

Vieni in pace, o stai a casa 😉

Dialogo con Christian Castorri – I giovani incontrano l’Assessore alla Cultura

Incontro con l'Assessore alla Cultura
Venerdì 11 luglio alle ore 18:30 presso la Festa Democratica di Cesena si terrà un incontro tra i giovani e l’Assessore Christian Castorri.
I ragazzi e le ragazze converseranno assieme all’Assessore sui temi quali la cultura, lo sport ed il turismo.
Un’ottima occasione per dialogare insieme, dando spazio a idee e domande dei giovani cesenati.
L’evento è ideato e moderato dai Giovani Democratici di Cesena.

Mostra “Enrico Berlinguer – La vita, la politica, l’etica”

Mostra BerlinguerIl 4 luglio in occasione dell’apertura della Festa de l’Unità di Cesena vi invitiamo all’inaugurazione della mostra organizzata dalla Fondazione Radici della Sinistra: “Enrico Berlinguer: la vita, la politica, l’etica”.

Si terrà alle ore 20:00 presso il Parcogiochi Fruttipapalina di Cesena, in Piazzale Enrico Berlinguer; e rimarrà aperta per tutta la durata della festa, fino al 20 luglio.

Saranno presenti:
Pier Luigi Bersani, Deputato PD
Paolo Lucchi, Sindaco di Cesena

Berlinguer trent’anni dopo

enrico-in-parlamento-soloLa prima volta che sentii pronunciare il nome Berlinguer avevo 15 anni. Ero ad una manifestazione studentesca e gli slogan urlati non erano dei più lusinghieri. Ovviamente a quell’età non avevo la benché minima idea di chi fosse questo Berlinguer, né perché noi studenti dovessimo avercela con lui. Così quando tornai a casa chiesi a mia madre, senza troppa convinzione, chi fosse stato e mi sembrò assurdo che mi dicesse che era stato un politico alla cui morte la gente piangeva per strada. “Ti starai sbagliando, se è morto quando tu eri giovane come ha fatto a fare la riforma dell’università?”.

Avrei scoperto solo tre anni dopo che il Berlinguer di cui mi aveva parlato mia madre non era il Berlinguer che in piazza contestavamo. Era luglio, avevo diciotto anni da qualche mese, faceva molto caldo, tant’è che con un mio amico ci rifugiammo in un libreria per goderci l’aria condizionata. Proprio all’entrata c’era una colonna con vari libri al 50% e tra questi c’era la biografia di Chiara Valentini su Enrico Berlinguer. Quel libro così in bella vista mi riportò alla mente quel fugace scambio di battute con mia madre e riaccese in me la curiosità per quel politico morto ben cinque anni prima che nascessi, di cui non sapevo davvero nulla. Feci il mio acquisto e con il senno di poi furono soldi ben spesi.

Divorai letteralmente il monumentale lavoro della Valentini, ma non mi bastava: volevo saperne di più, volevo direttamente leggere quel che Berlinguer diceva e, soprattutto, volevo farlo conoscere ai miei coetanei: se aveva fatto il miracolo con me, non c’era ragione perché non ci riuscisse con altri. La sua vita di sacrificio, il suo essere così diverso dall’immagine consueta dell’uomo politico mi conquistarono e sentii il bisogno di rendere giustizia a quello che mi sembrava un grande patrimonio di idee dimenticato dalla Sinistra ufficiale. Iniziai a farlo con un blog e ottenni subito un gran successo.

Cominciò quel giorno la lunga marcia dei ragazzi di enricoberlinguer.it, un manipolo di ventenni che, secondo qualche illuminato politicante dell’epoca, non capivano assolutamente nulla di come si facesse politica. Usando i mezzi della “modernità” abbiamo creato una delle più grandi web-community dedicate a un politico, per giunta comunista, diffondendo per cinque anni le sue idee e le sue parole per il web. Contro tutto e contro tutti. Eppure oggi più di 400mila persone ricordano Enrico Berlinguer e un terzo è sotto i 30 anni. Non solo: abbiamo ottenuto, tra le altre cose, una piazza a Milano, capitale del berlusconismo, l’emissione di un francobollo, la via a Roma e tanti altri grandi successi.

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Uno storico risultato per l’Italia e Cesena

GD Foto EC 2014“Questo Paese è decisamente migliore di come ce lo raccontiamo”. Così il premier e segretario del Pd Matteo Renzi nell’apertura della conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo le europee dove ha sottolineato come “gli italiani hanno dimostrato, con una partecipazione significativa, forse la più alta d’Europa, che c’è un’Italia profonda che non si rassegna”. “Il primo segnale, prima ancora del risultato è che l’Italia c’è, è più forte delle paure che la attraversano ed è in grado di incidere con più forza in Europa. Io avverto questa responsabilità innanzitutto”.
“E’ stata una campagna elettorale molto feroce, dico ai a chi sarà eletto di abbassare i toni e alzare le ambizioni. Il risultato di questa notte ci dice che il cambiamento che abbiamo promesso deve arrivare in tempi ancora più veloci”.
“Grazie dal profondo del cuore a tutti italiani che hanno dimostrato con una partecipazione molto significativa, una delle più alte d’Europa, che questo Paese è decisamente migliore di come ce lo raccontiamo. L’Italia c’è! Confermo, non era un referendum sul governo, non lo considero un voto su di me. E’ un voto di speranza straordinaria di un Paese che ha tutte le condizioni per cambiare e per invitare l’Europa a cambiare. In Europa da una parte le forze che vengono definite populiste in alcuni Paesi hanno ottenuto un risultato straordinario e in altri un risultato significativo. Dall’altra parte c’è un’idea di Europa che ha fallito. Nel mezzo il grande spazio per il cambiamento possibile: riportare l’Europa ad essere il luogo delle famiglie, delle imprese. Questo è il nostro sogno. Questo risultato ci spinge fortissimamente ad avere consapevolezza del nostro compito”.

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La storia di un comico buffo

HitlerSi chiama populista chi racconta alla gente quello che vogliono sentirsi dire. In realtà sanno solo trovare capri espiatori per tutto ma mai la soluzione al problema. Bisognerebbe studiare e ripassare molto bene la storia. Negli anni ’20 del secolo scorso, la Germania dilaniata dalla disoccupazione (vera), dalla fame (quella vera), dalla crisi finanziaria (sempre quella vera) e da un’inflazione spaventosa si affidò ad un tipo buffo, con i baffetti alla Charlie Chaplin, che strillava nei comizi che la colpa era tutta dei politici corrotti, che bisognava mandarli tutti a casa e che lui avrebbe sistemato e risolto tutti i problemi del Paese. La gente accorreva, si divertiva e gli dava ragione e poi gli diede anche il voto; così il tipo buffo andò al potere, smise di essere buffo e quelli che ridevano smisero di ridere. La fine la conosciamo tutti. Una medicina sbagliata non guarisce ma affossa. Voglio concludere questo mio intervento citando un noto “statista” del secolo scorso, e se gli italiani voteranno ancora per la “medicina sbagliata” (cioè i vari Grillo, Berlusconi, Salvini e Meloni), ahimè e ahinoi, questo noto “statista” l’ha vista giusta anche questa volta:
«L’arte della propaganda consiste nel comprendere le idee emotive delle grandi masse e nel trovare, attraverso una forma psicologicamente corretta, la strada per raggiungere la loro attenzione ed il loro cuore. Da tutto ciò nasce la seguente regola: la ricettività delle grandi masse è molto limitata, la loro intelligenza modesta, ma il loro potere di dimenticare enorme.»
Adolf Hitler

Tratto da: “La storia di un tipo buffo”.